L'Islanda occidentale: la penisola di Snæfellsnes, le foche e Stykkisholmùr
Venerdì 28 giugno partiamo dal Fosshotel Reykholt in direzione nord-ovest: tanto per cambiare, piove e fa freddo. La giornata è dedicata alla penisola di Snæfellsnes e alle sue meraviglie (sono così tante che riusciremo a vedere solo le principali). Le strade in Islanda sono poche: per raggiungere la penisola da Reykholt dobbiamo tornare indietro a Borgarnes e da lì prendere la route 54 verso nord.
La prima tappa è il sito di Gerðuberg, dove le rocce hanno naturalmente la forma di colonne ottagonali di basalto. Puoi arrampicarti sul pendio erboso fino alla base delle colonne, facendo attenzione a non cadere nelle buche sul sentiero che si inerpica per la costa, nascoste dalla vegetazione. Mia figlia ci finisce dentro con un piede e si prende un bello spavento.
Ripartiamo per il sito successivo e mio marito entra in paranoia perché la ruota anteriore sinistra della mitica Hyundai Tucson gli sembra sgonfia. Ci fermiamo a un delizioso caffè (Kaffi Rjùkandi) a Vegamòt dove la proprietaria parla italiano e fa dei dolci spettacolari.
Sul piazzale antistante il Rjùkandi Kaffi si trova una scultura di acciaio corten realizzata dall'artista svizzera Maja Thommen per i proprietari del caffè: l'opera rappresenta le cascate d'acqua tipiche della zona ed è realizzata in modo tale che i visitatori possono passarci in mezzo e sentirsi così parte integrante della natura che li circonda.
Per la ruota, la proprietaria del caffè ci spiega che il gommista più vicino sta a Stykkisholmùr e chiude alle cinque del pomeriggio, il che significa che non ce la faremo mai: di rinunciare al giro della penisola di Snæfellsnes infatti non se ne parla proprio. Mio marito si mette l'anima in pace per la gomma (i limiti di velocità aiutano) e tutti e tre ripartiamo per la nostra prossima tappa: la spiaggia di Ytri Tunga, luogo di ritrovo delle foche. Se siamo fortunati, riusciremo a vederle. Nel frattempo si è messo a piovere e si è alzato anche un vento gelido.
Per arrivare alla spiaggia di Ytri Tunga lasciamo l'auto in un parcheggio in mezzo al nulla e ci incamminiamo a piedi su un sentiero che costeggia il mare. La spiaggia è enorme e chiara: una rarità per l'Islanda dove la sabbia è per lo più nera. Il profumo di salsedine nell'aria ci inebria tant'è forte. Prendiamo il sentiero sferzati da vento e pioggia. Speriamo almeno di vedere qualche foca.
Dopo un quarto d'ora di passeggiata scorgiamo delle persone ferme a osservare gli scogli che affiorano tra la spiaggia e l'oceano. Guardiamo anche noi e in qualche secondo realizziamo che quelle che sembrano striscette argentate di vegetazione sopra gli scogli sono in realtà foche, perché si muovono. Presi dall'entusiasmo guadiamo le pozze di acqua di mare per avvicinarci il più possibile (mai comunque oltre i 50 metri, come previsto), stando attenti a non fare troppo rumore né movimenti bruschi. Ecco la nostra prima colonia di foche spaparanzate a prendere il vento sugli scogli erbosi: ci siamo inzuppati gli scarponi ma siamo molto soddisfatti. Le foche ogni tanto ci puntano guardinghe ma poi si abbandonano al loro bagnetto di pioggia. Sono fantastiche e si meritano anche un video (il rumore di sottofondo è il vento).
Arrivare fin qui, inzupparci ben bene e prendere un sacco di freddo sono valsi veramente la pena perché in cambio abbiamo potuto ammirare questi sontuosi e coccolosi animali nel loro habitat naturale. Siamo estasiati mentre torniamo verso l'auto. Nel frattempo la marea si è alzata e le pozze sono diventate dei laghetti, così in macchina ci tocca cambiarci pure i pantaloni.
Proseguiamo verso la cascata di Bjarnafoss, situata sul terreno di una fattoria; l'acqua fa un salto molto alto ma gentile, il posto è delizioso e c'è pure un ponticello. Peccato non smetta mai di piovere. Volendo si potrebbe risalire fino alla cima della cascata ma, visto il tempo decidiamo di proseguire.
Poco più avanti ci fermiamo nel villaggio di Arnarstapi, famoso per le scogliere mozzafiato. Il panorama è straordinario e per goderlo a pieno le indicazioni suggeriscono di percorrere a piedi il sentiero costiero che collega il paesino alla vicina cittadina di Hellnar; entrambe le località sono mete turistiche degli Islandesi, che spesso trascorrono qui le loro vacanze al mare (!). Di seguito alcune foto per darvi un'idea del posto.
Il tipo pietroso con i baffi è Bárður Snæfellsás, un gigante mezzo uomo e mezzo troll che protegge la penisola di Snaefellssnes e il suo ghiacciaio (perché qui c'è anche un piccolo ghiacciaio, che però è destinato a scomparire presto a causa del riscaldamento globale). Bárður è un essere straordinario che risale al periodo dei primi insediamenti in Islanda; la sua storia è parte delle saghe islandesi medievali.
Si narra che sua madre fosse una delle donne più alte e belle di quel periodo, mentre il padre Dumbur era mezzo gigante e mezzo troll. Bárður ereditò dalla madre l'eccezionale bellezza e dal ramo paterno la prestanza fisica. In gioventù fu cresciuto dal montanaro Dofri a Dovrefjell in Norvegia, e ne sposò la figlia Flaumgerður, da cui ebbe tre pargole alte e belle. Dopo la morte della prima moglie sposò Herþrúður, che gli diede altre sei figlie. Per sfuggire alla tirannia di Harald, re di Norvegia, Bárður emigrò con la famiglia in Islanda e si insediò sulla costa meridionale della penisola di Snæfellsnes. Il fratellastro Þorkell (si legge Thorkell, non Porkell) si stabilì invece a Arnarstapi. In seguito a una furiosa lite con il fratellastro, Bárður diede di matto e cadde in una profonda depressione. In preda alla più nera disperazione, abbandonò i suoi averi e si trasferì sul ghiacciaio di Snæfellsnes, dove visse in una grotta di ghiaccio. Divenne così il guardiano di Snæfell e gli abitanti del luogo iniziarono a venerarlo come spirito protettore.
Sotto la protezione di Bárður percorriamo a piedi il sentiero a picco sul mare; lungo il percorso scopriamo che da queste parti è stato sepolto un pezzo del peggiore serial killer islandese, tale Axlar-Björn, che si dilettava a sgozzare i vicini per appropriarsi dei loro averi. Denunciato da una donna scampata a un agguato mortale, fu decapitato e fatto a pezzi. Le parti del corpo furono sepolte in diversi luoghi, tra cui questo, per scongiurare un eventuale ritorno del mostro. E poi ditemi che non sono psicopatici.
Intanto si sono fatte le due passate e mia figlia reclama cibo. Torniamo indietro verso Arnarstapi e il padre la accompagna a prendere un panino, mentre io do un'occhiata all'ultimo tratto del sentiero. A un certo punto passo intorno a quello che credo essere una specie di pozzo con acqua di mare brulicante di nidi di uccelli . Mi sporgo abbastanza per scattare due foto ai pennuti locali (sopra) e poi proseguo il giro per tornare da quei due. Mentre cammino sul versante opposto, realizzo dove sono passata per scattare le due foto e mi prende un colpo: non era un pozzo (vedi immagine sotto). Credo che non se ne siano accorti nemmeno i due signori con le giacche nera e azzurra.
Raggiungo mio marito e mia figlia, che stanno uscendo da una specie di tavola calda dal nome "Buffet"; lei addenta soddisfatta un panino integrale a forma di ciambella farcito con burro, erbette, cipolla e salmone. Lo assaggio anche io e lo trovo strepitoso: sarà la fame? Chissà se a Roma avrebbe lo stesso sapore.
Ripartiamo ma ci fermiamo di nuovo dopo pochi chilometri per ammirare Svalthufa e Lòndrangar, attratti dagli spettacolari faraglioni formati dal cratere di un antico vulcano eroso dalle forze della natura.
La dimensione delle persone nella foto (piccole, in basso) danno un'idea della maestosità del luogo. Il sito è visitabile percorrendo a piedi un sentiero a precipizio sul mare che scende fino alla spiaggia nera sottostante e arriva fino al faro bianco di Malarrif. Mentre visitiamo Lòndrangar abbiamo anche una piacevole sorpresa: spunta qualche raggio di sole tra le nuvole, ed è vera poesia. Sulle alte rocce a picco sull'oceano nidificano miriadi di uccelli marini; mancano solo le pulcinelle di mare, di cui nemmeno l'ombra (comincio a temere che se le siano mangiate tutte).
Proseguiamo fino alla punta della penisola e ci fermiamo ad ammirare Saxhòlar, un bel cratere a cono antico di 3000 anni che sovrasta la piana di lava. C'è una scalinata di ferro che consente di salire fino alla sommità del vulcano e, visto che c'è pure il sole, non ci facciamo mancare l'occasione di arrivare in cima.
Riprendiamo l'auto e, dopo qualche chilometro, deviamo su una stradina sterrata per visitare la spiaggetta di Skardsvik: sembrerebbe quasi una caletta del migliore mare nostrum (sabbia chiara, sole, acqua blu e trasparente), se non fosse che la temperatura dell'acqua non supera gli 8 gradi, la corrente oceanica è fortissima e il vento continua a soffiare freddo e impietoso...
Ripartiamo per percorrere la costa settentrionale della penisola di Snaefellsnes, che attraversa i pittoreschi paesini di Hellissandur, Rif e Olafsvik. Visto che sono già le cinque passate non ci fermiamo: la nostra meta di oggi, Stykkisholmùr, dista ancora un'ora di macchina.
Percorriamo la strada costiera, intrappolata tra il mare e le montagne innevate dello Snaefellsjoekull (il ghiacciaio dello Snaefells) da cui sgorgano decine di cascatelle. Le nuvole basse ci impediscono di vedere il monte Kirkjufell, famoso per la sua forma a punta di freccia e per essere stato uno dei set del serial Game of Thrones. Prima di arrivare a Stykkisholmùr ci fermiamo a Helgafell, la collinetta di 73 metri consacrata a una delle eroine della tradizione norrena (Guðrún Ósvífursdóttir). Su questa collina andavano a morire i vichinghi per salire nel Valhalla. Secondo la leggenda chi sale sulla collina può esaudire tre desideri: forte di questa credenza il proprietario del terreno - mica scemo - chiede 400 corone per l'accesso. Le paghiamo (ha pure il POS) e cominciamo ad arrampicarci.
Le condizioni per esaudire i tre desideri sono:
1) salire in atteggiamento di raccoglimento senza fare gli sbruffoni);
2) non parlare;
3) non voltarsi mai indietro ma guardare sempre a est;
4) non svelare a nessuno i vostri desideri.
In cima alla collina ci sono i resti di un altare dedicato al dio Þór (Thor). La vista su Stykkisholmùr e l'arcipelago è straordinaria; è pure uscito il sole e sopra a noi passa in volo uno stormo di cigni. Ritemprati scendiamo e procediamo in auto per la cittadina.
Stykkisholmùr è un paesino delizioso situato nella baia di Breiðafjörður. Il centro storico, ristrutturato nell'ultimo decennio, è costellato di piccole case colorate. In alto svetta la chiesa modernissima, vagamente futurista, e il grande complesso della casa dei Francescani. La parte più bella è il porticciolo, protetto da due isolotti naturali antistanti; vi consiglio di visitare quello più grande, su cui si erge una piccola lanterna bianca e rossa che da lontano sembra un faro. Il gommista è chiuso da un pezzo.
Per arrivarci bisogna imboccare a piedi la strada sulla destra del porto: ci saliamo dopo aver cenato da Narfeyrarstofa, un ristorante caratteristico ed elegante con qualche pretesa (meglio prenotare prima). Sono le nove passate e il sole è ancora abbastanza alto sull'orizzonte e ci sono poche nuvole. Mentre ci arrampichiamo sull'isolotto ci accorgiamo dell'illusione ottica: è molto più piccolo di quanto sembra, ma nonostante tutto è un posto davvero magico; anche gli abitanti vengono qui nelle lunghe sere d'estate a passeggiare e rilassarsi sui prati verdi. Dall'alto vediamo i pescherecci rientrare con il pescato del giorno: pesci enormi e brutti.
Torniamo al Fosshotel Stykkisholmùr dopo la passeggiata serale. All'ombra la temperatura cala sensibilmente. Le casette piccole e colorate e le strade deserte hanno un non so che di creepy, forse anche per via dei cimiteri: sembra di essere in un film dell'orrore (da un momento all'altro potrebbe spuntare un assassino con la sega elettrica in mano). Chissà che effetto fa questo posto d'inverno. Passiamo davanti alla casa dei Francescani, che è anche un hotel: un cartello dice che cercano scrittori, architetti e designer da ospitare nella residenza durante i bui inverni per tirare su il morale ai residenti. Nessuno interessato?
Il Fosshotel Stykkisholmùr è un grande albergo stile anni settanta situato nella parte alta della cittadina, di fronte alla chiesa ultramoderna. La sala ristorante è molto bella; la nostra stanza è stata ristrutturata di recente ed è molto confortevole. La hall e gli spazi comuni dell'hotel invece andrebbero un po' ammodernati; in compenso i quadri appesi alle pareti, tutti di autori locali, sono bellissimi. Ci addormentiamo subito: domani ci attende il grande nord.