Variazioni di Maria Zamboni, Hamida Sager e Lucio Trojano sulle immagini fotografiche "Roma. Incanto e magia" di Angelo Paionni
L’amicizia è una delle emozioni più belle che la vita ci regala. Lei, a sua volta, ci restituisce doni bellissimi e inattesi. Questa mostra, ad esempio, non sarebbe mai stata possibile se quattro artisti, che sono anche grandi amici, non avessero giocato l’uno sulle opere dell’altro con un processo metacreativo che, partendo dalle immagini fotografiche di Angelo Paionni, le fa rinascere a nuova vita.
I disegni di Maria Zamboni, gli inchiostri di Hamida Sager e le vignette di Lucio Trojano danzano sugli sfondi pittorici di una Roma allo stesso tempo presente e lontana, vera e surreale, per
generare inedite emozioni.
Più che di scrap-booking, tecnica di matrice anglosassone per decorare le pagine dei libri avvalendosi di tecniche varie, in questo caso si tratta di vere e proprie variazioni creative su uno
stesso tema, ovvero la riproposizione di un'idea artistica in cui essa subisce però modifiche, più o meno profonde, rispetto alla sua forma originaria, cioè le immagini di Roma contenute nel
volume “Roma. Incanto e magia” di Angelo Paionni.
Se parlassimo di musica, mi verrebbero in mente le trenta monumentali variazioni Goldberg di Johan Sebastian Bach o la dolcissima Fantasia di Ralph Vaughn Williams sul tema inglese di
Greensleeves.
Ma c’è di più: queste “impronte d’autore” sono soprattutto un omaggio, che sa anche un po’ di scherzo, che tre amici fanno alle opere di Paionni: aggiungono colori, anche aspri, integrano con
elementi disegnati a mano o applicati a collage, ridestando in noi interpretazioni — spesso umoristiche — di scene altrimenti auliche.
Le nuove tavole mostrano immagini arricchite o stravolte, introducono frammenti di poesia, assumono tratti divertenti oppure cinici, travalicano il messaggio originario di Paionni
portandolo molto più lontano, fino a estremi che mai l’artista avrebbe contemplato.
Questo divertissement non è nuovo nell’arte: si pensi alla Gioconda con baffi e pizzetto del francese Marcel Duchamp, a certi oggetti creati da Salvador Dalì, come il celebre telefono con
l’aragosta al posto della cornetta, e alle opere più prosaiche dell’italianissimo Piero Manzoni, tra rosette imbiancate e ricordini inscatolati.
Il divertimento è sotteso anche agli interventi dei nostri tre artisti sulle foto di Roma, lo si percepisce chiaramente: hanno atteso che l’ispirazione arrivasse guardando le immagini e, appena
l’intuizione è giunta — sia subito, in un istante, oppure dopo lunga riflessione — hanno provato a trasferirla sulla carta, ciascuno con il suo personalissimo stile, affrettandosi a realizzare
l’idea prima che svanisse dalla mente. Forse il risultato sperato è stato raggiunto al primo tentativo, forse invece è stato necessario provare e riprovare fino a quando l’essenza
dell’ispirazione non si è concretizzata sulla carta. In tutti i casi, il risultato è un quid novi che nell’insieme risulta superiore alla somma delle sue singole componenti: l’immagine originaria
e l’integrazione creativa. Ne scaturisce un prodotto con la natura ambigua dell’opera nell’opera, cioè della creazione al quadrato: tre preziosi “libri d’artista” da sfogliare per vivere
l’immaginario e l’immaginato.
Alessia Paionni