Oggi vi parlo di un autore esordiente. Conosco Agostino Di Febo di vista, è un collega che lavora nel mio stesso stabile. Un giorno mi incontra e mi confessa che ha scritto una raccolta di racconti. "La pubblicherò a breve, ti andrebbe di leggerla e di scriverci qualcosa su, se il libro ti ispira?"
Così eccomi qua, approfittando di un impegno di mia figlia (questa domenica tocca al papà), a scrivere quattro righe sulla raccolta di racconti di "Ago" Di Febo, come ama farsi chiamare dagli amici.
Il libro, effettivamente, mi ha ispirato. E' scritto molto bene, con un linguaggio asciutto e a tratti raffinato, moderno e capace di mantenere viva l'attenzione del lettore, anche al prezzo di qualche parolaccia.
In effetti -- questa sensazione mi è stata confermata dall'autore stesso durante una breve chiacchierata-intervista davanti a un caffè -- Agostino ha una dannata voglia di essere letto, e si preoccupa (anzi si occupa) moltissimo -- dei suoi sperati "25 lettori".
Innanzitutto ha confezionato la sua raccolta come fosse un disco, strizzando l'occhio da un lato ai vecchi vinili a 33 giri, dall'altro ai più nuovi CD: ha cioè ripartito i 16 racconti in LATO A e LATO B, ciascuno contenente sei tracce (nell'indice sono indicati anche i minuti necessari per la lettura, davvero). Per non scontentare nessuno, poi, ha aggiunto pure tre BONUS TRACK.
Ma passiamo al contenuto. Uscivo dalla lettura di un paio di romanzi complessi e organici (il vecchio Spies di Michael Frayn e The shock of the fall -- in it. Chiedi alla luna -- di Nathan Filer), perciò in principio il passaggio a dei racconti brevi, in alcuni casi brevissimi, mi ha lasciato un po' spiazzata. Il fatto è che riuscivo a malapena a entrare nella storia, che il racconto era finito. La classica situazione da bocca asciutta.
I racconti di Di Febo sono paragonabili a fotogrammi, impressioni di storie che l'autore descrive con grande cura e propone, quasi provocatoriamente, ai suoi lettori. Chi legge si trova perciò in situazioni che spesso gli appaiono troncate: a un certo punto -- di regola sul più bello -- il racconto si interrompe lasciando il lettore impalato a pontificare sul significato dell'accenno di storia che ha appena letto, cercando di immaginare cosa accadrà dopo e il destino dei personaggi (che magari lo avevano incuriosito e gli erano pure piaciuti).
Agostino Di Febo ha le idee spietatamente chiare, al riguardo: "Scrivo per buttare fuori i miei mostri. A volte sono solo pensieri, immagini, situazioni che mi ossessionano finché non li oggettivo sulla carta. I racconti li tronco di proposito, non perché non voglia o non sappia come continuarli, ma perché mi piace lasciare il lettore interdetto. Cerco infatti di catturare la reazione nel lettore: voglio spiazzarlo, catapultarlo in una situazione a volte bella, oppure brutta, eccitante, scomoda, anche estrema. L'obiettivo è fargli provare, insomma, sensazioni lontane da quelle sperimentate nella sua vita quotidiana".
Così Ago Di Febo accompagna il lettore tra i barboni Asso e Bostik nel racconto Corso Trieste, con tanto di fulmen in clausola finale; gli fa percepire il dramma di una tragedia familiare ne L'anniversario; lo fa guidare insoddisfatto per le strade deserte di Roma, nella soffocante calura estiva, in Una piccola storia inutile.
Chiedo ad Agostino se non ha mai voglia di continuare un racconto e se si è mai affezionato a uno dei suoi personaggi.
"Si, Abbi cura di te e La prigione degli uomini liberi. Forse li continuerò, soprattutto il primo [che, in effetti, è l'intrigante storia di uno 007 che assassina a sangue freddo uno scrittore, ndr]. Del secondo sono particolarmente affezionato al protagonista, Francesco (Franzo) Belladonna".
Franzo è un investigatore / poliziotto / pubblico ministero. Ed è probabilmente l'alter ego dell'autore, un "Ago in potenza" o l'Ago di un mondo parallelo. "Un fratello minore, forse" -- precisa Agostino. "In effetti Franzo ha un fratello più grande che fa meditazione, come me. Il nome di questo personaggio è anche un omaggio al Salvatore "Salvo" Montalbano di Andrea Camilleri, chissà che non porti bene!"
Già, varrebbe proprio la pena di continuarli questi due racconti che, personalmente, sono tra quelli che più ho apprezzato, insieme agli scritti -- due vere e proprie perle -- dedicate rispettivamente agli ultimi giorni di Ludovico II di Wittelsbach re di Baviera (il Ludwig della principessa Sissi, per intenderci) e alle difficoltà che incontrano le donne nel mondo del lavoro e dell'amore (Carta da zucchero). In quest'ultimo, in particolare, l'autore riesce ad affrontare in pochissime righe i temi del razzismo e della condizione femminile nel Meridione, descrivendo gli ostacoli che le donne affrontano nel rivestire ruoli di responsabilità (soprattutto in quei lavori a torto ritenuti ancora "maschili"). Posso combattere solo una guerra alla volta: le parole della protagonista Sara alla fine del racconto sono in tal senso emblematiche.
Come ultima domanda chiedo ad Agostino se questa raccolta di racconti fosse veramente un disco, quale sarebbe. Ci pensa su un attimo e poi risponde senza esitazioni " The Joshua tree degli U2".
Mica male.
Alessia Paionni
Per informazioni su dove trovare il libro, edito da Favia, visita il sito: www.agodifebo.com