La Libia svelata nelle opere di sette artisti contemporanei IN MOSTRA A ROMA FINO AL 20 MAGGIO
La sede romana dell'Università eCampus ospita fino al 20 maggio una mostra dedicata a sette artisti libici le cui opere mettono in luce, attraverso tecniche e stili diversi, i tanti volti del proprio travagliato paese.
Presentano l'evento Ahmed Abdulhadi, direttore dell'Accademia Libica in Italia, e Rita Neri, responsabile della sede di Roma dell'Università eCampus.
A poco più di cinque anni dallo scoppio della rivoluzione che ha portato alla caduta del regime di Mu'ammar Gheddafi, infatti, la Libia si presenta come un paese diviso e tutt'altro che pacificato, il cui percorso verso una transizione democratica appare ancora lungo e difficile.
Le ferite della trascorsa dittatura e della guerra civile sono presenti in molte delle opere esposte. Accanto a esse, tuttavia, emerge un desiderio di pacificazione e di ritorno alla normalità che trova il suo principale veicolo nelle donne.
Hamida Sager, artista affermata a livello internazionale, insegna al Dipartimento di Arti Creative dell'Università di Tripoli.
Il tratto scarno e originale e l'uso della china e del colore nero sono gli elementi caratteristici delle opere di quest'artista, nel quale forti e continui sono i riferimenti alla recente guerra.
"Ho iniziato a dipingere tele monocromatiche, utilizzando in prevalenza toni scuri, perché il nero è il colore della tristezza, ed io ero triste per tutte le persone vittime del conflitto", dice Hamida. "Col tempo mi sono accorta che il nero aveva una carica espressiva potentissima e, oltre alla tristezza, poteva comunicare anche sentimenti positivi, come nel caso dei dipinti lo sposo e la sposa.
La rivoluzione libica ha rappresentato per Hamida Sager un percorso di dolore e sofferenza, che l'ha guidata nell'ambito della propria personale ricerca.
Le opere dell'artista sono testimonianza di un sogno di pace, che è però costretto a confrontarsi con gli orrori della guerra, "una guerra che il popolo libico non vuole" -- mi chiedo in effetti quale popolo possa desiderarla -- "ma che si è imposta come unico mezzo per porre termine alla dittatura di Gheddafi e per avviare un nuovo cammino". La storia che le ha ispirato il dipinto Bambino con occhi innocenti è un colpo al cuore: preso in ostaggio da un gruppo terroristico, un bambino di un villaggio viene ritrovato morto, in un lago di sangue e con gli occhi sbarrati, nonostante i soldi per il riscatto siano stati faticosamente racimolati dai genitori e consegnati ai rapitori. Di questo bambino Hamida ritrae gli occhi sbarrati e disperatamente innocenti, perché non riescono a capire tutto l'odio e l'atrocità della guerra di cui diventano vittima sacrificale. "Il popolo libico vuole la pace", ribadisce Hamida, "anche se al momento è costretto a imbracciare il fucile e combattere", e questo concetto sembra essere rielaborato e riproposto nell'opera Uomo con fucile. Il segno di Hamida Sager è forte e maturo, le sue composizioni hanno un'armonia intrinseca che è indipendente dall'asprezza e dalla gravità del soggetto.
Hanan El Zanni si specializza come architetto d'interni, ma da sempre è appassionata di pittura e scultura, che pratica entrambe con buoni risultati.
Amante dello stile non figurativo, nelle sue opere Hanan si sofferma a riflettere sulla figura della donna, per lei centrale nel processo di sviluppo democratico di un paese, perché simbolo di equità e giustizia -- come si può evincere dal dipinto Giustizia e equità delle donne nel quale la figura femminile stilizzata è ritratta su uno sfondo viola -- il colore preferito dell'artista -- e giallo oro mentre protende a elevarsi (come una freccia che indica l'alto), al contempo richiamando le sembianze di una bilancia in equilibrio .
Di quest'artista in mostra anche un bel dipinto figurativo che ritrae il centro storico di Ghadames, città della Libia nord-occidentale, dalle tipiche abitazioni bianche all'esterno e coloratissime negli ambienti interni.
Unico artista uomo tra sei donne, il giovane Abdalfattah Bin Taher frequenta un master in storia dell'arte a Roma presso l'Università Luiss. Espone opere diversissime per stile e contenuto: gli chiediamo da cosa dipenda questa differenza, e lui ci mostra prima i dipinti realizzati in Libia (Mani alzate in segno di liberazione dalla dittatura e Musicisti di Derna) e poi quelli in Italia (Natura morta). Si stempera il portato retorico e figurativo, si accentua ed emerge un carattere più evocativo e accennato, più leggero ma non per questo meno significativo. E' impressionante quanto il contesto possa influenzare lo stile, il soggetto e il tratto di un artista, e quanto ogni esperienza possa arricchirlo fondendosi con il bagaglio culturale ed esperienziale già accumulato.
Intisar Boba ha una freschezza e spigliatezza che spicca, nel carattere e nelle sue opere. In Italia da diversi anni, come tradisce la perfetta padronanza della lingua, riesce a strapparci un sorriso mentre descrive come lavora e realizza i suoi dipinti.
"Sono partita dalla tela tradizionale, ma presto sono passata ai chiodi piantati sul legno e, da ultimo, alla carta strappata, come questa, perché occupa meno spazio delle tavole di legno. " spiega Boba. "Oltre a pennelli e colori uso martello, coltello e chiodi".
E aggiunge, guardandoci con un sorriso smagliante e occhi candidi: "prima mio marito si lamentava delle tele e dei pennelli in giro per casa. Ora non mi dice più nulla"!
Di Boba mi colpisce l'originalità della tecnica, le forme etnicheggianti dai contorni ampi e rassicuranti e la preferenza per un certo effetto al negativo, e soprattutto gli accostamenti apparentemente elementari dei colori (in realtà ricchi di sfumature e spessore).
Suad Sheneba è una donna e artista timida e riservata. Vive in Italia da trent'anni, da sempre è attratta dai mosaici romani. Dal 2008 pratica la tecnica del mosaico in marmo o in vetro colorato, le cui tessere realizza personalmente in modo artigianale.
Le sue opere si ispirano alle raffigurazioni musive del sito archeologico di Sabratha, antica città fenicia e poi colonia romana ricca e prospera con la dinastia dei Severi, come pure alle decorazioni dei tappeti persiani.
Maiar Kaled ha 17 anni e disegna da quando ne aveva nove. Il suo stile, che ci si aspetterebbe naturalmente acerbo considerata la giovanissima età, sorprende invece per profondità e maturità.
I colori di Maiar traducono le sue emozioni: "Ogni colore rappresenta una parte della mente dell'essere umano, dalla mia mente. Il verde significa tristezza, l'azzurro è invece la gioia".
Le sue forme astratte ma ben definite, composte di centinaia di cerchi colorati e onde sinuose, mi appaiono come alberi dei sentimenti. Alla base c'è quasi sempre il verde (ovvero la tristezza), che però poi si trasforma e dà vita a tutte le altre emozioni umane, quasi a simboleggiare che le cose più belle nascono spesso dalle sofferenze e dalle ferite più profonde.
Alessia Paionni
Solo la conoscenza scaccia l'ignoranza, come solo la luce scaccia l'oscurità.
Aldous Huxley, La filosofia perenne
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