Al Chiostro del Bramante una mostra dedicata alla corrente toscana del secondo '800 - FINO AL 4 SETTEMBRE
Non c'è che dire: al Chiostro del Bramante non ne sbagliano una, complici anche una location d'eccezione, l'estrema professionalità degli allestimenti e originalità delle proposte.
A 50 anni di distanza dalla mostra dedicata dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma ai Macchiaioli, una corrente tutta italiana (anzi toscana) che si sviluppò nella seconda metà dell'800, le opere di questi artisti tornano di nuovo in esposizione nella capitale. Questa volta con un taglio personalissimo: gli oltre 110 capolavori -- suddivisi in nove sezioni, ciascuna intitolata al collezionista che all'epoca li acquistò e valorizzò -- sono visibili (anche se sarebbe meglio dire messe in risalto) dall'abile gioco di luci e ombre che caratterizza gli ambienti del Chiostro.
Ero partita con l'idea di ammirare le grandi tele di Giovanni Fattori, perciò sono rimasta (favorevolmente) stupita dal trovare molte opere in formato piccolo -- veri e propri capolavori di arte in miniatura -- o inusuale. Alcune composizioni ripropongono il modello "a fregio", ossia si sviluppano prevalentemente in lunghezza come i fregi ionici dei templi greci (quello della cella del Partenone il più celebre) e raffigurano piccoli personaggi a figura intera, ritratti in gruppetti, come nel quadro di Silvestro Lega.
I Macchiaioli si costituirono nella seconda metà dell'Ottocento come movimento anti-accademico rinnovatore fondato sulla poetica del verismo e in aperto contrasto con Romanticismo e Neoclassicismo, decidendo di adottare il nome ad essi spregiativamente attribuito da un giornalista all'indomani di un'esposizione fiorentina nel 1862.
Giovanni Boldini, Ritratto della Marchesa Vettori (1865); Giovanni Fattori, Marcatura dei cavalli in Maremma (1887);
Alphonse Maureau, La Senna (1876-77); Odoardo Borrani, Casa e marina a Castiglioncello (1862).
L'obiettivo che si ponevano era di riprodurre l'immagine del vero come contrasto di macchie di colore e chiaroscuro: il loro intento era quello di rendere la realtà percepita dall'occhio prima che il cervello la rielabori, la quale è ben diversa dall'oggetto esterno che si rappresenta. Al tale scopo i Macchiaioli ritraevano le scene utilizzando spesso uno specchio annerito con il fumo che metteva in risalto i contrasti chiaroscurali dell'immagine. La loro arte consisteva nel rendere le impressioni che ricevevano dal vero attraverso l'utilizzo di macchie di colore, in assenza di qualsiasi contorno, come emerge dal ritratto della Marchesa Vettori di Giovanni Boldini (1865).
La collezione di Diego Martelli, a metà tra Macchiaioli e Impressionisti, contiene alcune opere di piccole dimensioni ma di forte impatto, come l'opera di Alphonse Maureau che a macchie riproduce uno scorcio sul fiume Senna con barca a vela e ville sullo sfondo (e che evidentemente testimonia l'eredità delle ricerche dei Macchiaioli sull'Impressionismo francese).
Le prime grandi tele maremmane di Giovanni Fattori entrarono a far parte della collezione dell'imprenditore farmaceutico Edoardo Bruno, che fu in grado di apprezzare il crudo realismo della vita di campagna e della vita militare così come ritratte dal pittore livornese. Il mondo rurale dei Macchiaioli, e in particolare di Niccolò Cannicci, Odoardo Borrani e Fattori, è un mondo durissimo nel quale bestie, uomini e donne sono accomunati dalla miseria e dai lavori pesantissimi.
Giovanni Fattori, Raccolta del fieno in Maremma (1867-70); Mario Puccini, Contadina (1908); Telemaco Signorini, Uliveta a Settignano (1885); Oscar Ghiglia, Sforni in veranda che legge (1914).
Si tratta di una realtà che non ha nulla di bucolico. Nonostante la bellezza dei paesaggi con cieli tersi, sfondi marini e ordinate distese di pascoli e campi fioriti (come nelle opere del fiorentino Telemaco Signorini), i protagonisti dei quadri dei Macchiaioli sono bestie e cafoni induriti dalla dura esistenza che conducono, ben lontani dai pastorelli artisti e letterati di virgiliana memoria.
Al Chiostro del Bramante è possibile visionare quel che resta della ricca collezione di Rachele e Gustavo Sforni, saccheggiata dai Nazisti durante l'occupazione del 1943. Resta davvero poco: il quadro di Oscar Chiglia raffigurante lo stesso Sforni in un momento di relax sulla veranda, alcune opere in piccolo formato di Fattori e, sorprendentemente, alcuni dipinti di arte giapponese e medievale. Della collezione anche il Paesaggio rosa con figura di Lewellyn Lloyd che è stato utilizzato per realizzare la locandina dell'evento (vedi immagine in alto).
Nella parte finale della mostra è visibile l'installazione "Macchiamorfosi" dell'artista francese contemporaneo Fabien Iliou, che ha realizzato una anamorfosi con sculture geometriche, rivestite con frammenti di alcune delle opere in mostra, che si muovono al ritmo dell'ipnotica musica di R. Cimino.
Giuseppe De Nittis, Campo di neve (1880); Alberto Pasini, Accampamento in Persia (1855); Oscar Ghiglia, Bambina con fiocco rosso (1911); Telemaco Signorini, Il ponte vecchio a Firenze (1878); Oscar Ghiglia, Ritratto della moglie Isa (1902).
Gli eventi organizzati al Chiostro del Bramante sono da sempre caratterizzate da allestimenti magistrali e a un'organizzazione efficace ed efficiente. Questa mostra non fa eccezione.
Sono previsti biglietti agevolati per scuole e gruppi, audioguide gratuite per grandi e per piccoli e laboratori per bambini.
Si tratta di una mostra che, credetemi, vale veramente la pena di vedere, anche se non siete appassionati estimatori dei Macchiaioli.
Alessia Paionni
CHIOSTRO DEL BRAMANTE
Orari
SAB - DOM 10.00 - 21.00
La bigliettteria chiude una ora prima
Infoline Mostre T [+39] 06 916 508 451
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