IN MOSTRA ALLA STAMPERIA DEL TEVERE
FINO AL 30 APRILE
Biagio Bonetti nasce come architetto, ma il ruolo gli va un po' stretto già dai primi anni in cui esercita la professione. E' sempre stato un'ombra libera, spiega la figlia. Ho la fortuna di incontrare questa radiosa e giovane signora, di nome Ursula, il giorno dell'inaugurazione della mostra che ha voluto dedicare alla memoria del padre artista, grafico e pittore (oltre che architetto).
E' un tranquillo e caldo sabato pomeriggio a Roma, e la Stamperia del Tevere, che ospita l'esposizione, è gremita di gente all'invero-simile.
Nonostante sia molto occupata, Ursula trova il tempo di fermarsi a parlare qualche minuto di Biagio Bonetti e delle sue passioni insieme a me. L'artista è venuto a mancare circa un anno fa, e questa mostra è il modo della figlia per ricordarlo e celebrarlo, insieme a tutti quelli che l'hanno conosciuto. Curatori della mostra sono Gianluca Tebaldi, Usama Saad e Alessia Consiglio della Stamperia del Tevere, che direi hanno svolto il proprio ruolo a regola d'arte.
Mio padre ha sempre sentito il bisogno di sperimentare, creare, provare tecniche e pratiche diverse, spiega Ursula. La mostra riunisce infatti opere che ripercorrono il percorso artistico di tutta una vita: gli schizzi operativi da architetto e scenografo degli anni '50, le opere pittoriche, le sculture, il periodo delle incisioni (negli anni '80 e '90) e l'ultima fase, caratterizzata da un ritorno al disegno figurativo.
Si commuove quasi, Ursula, mentre mi racconta che suo padre era una persona indomita, irriverente, fuori dagli schemi. Vedi l'opera laggiù? Dice mostrandomi un dipinto esposto in fondo alla galleria e raffigurante un edificio stilizzato. Mio padre l'ha realizzato usando degli smalti colorati per unghie che appartenevano a mia madre. Si erano conosciuti in Portogallo, su un autobus. Erano entrambi in vacanza lì, e si sono innamorati. Mia madre era tedesca, ha abbandonato il suo paese per lui. Doveva esserne valsa la pena, penso. Non è da tutti i giorni incontrare un vero e proprio uomo del Rinascimento: poliedrico, versatile, creativo.
Le opere in mostra sono 21, tutte diverse l'una dall'altra per tecnica, stile, soggetto e ambientazione. Dopo la prima fase dedicata alla rappresentazione di interni, la vena creativa trova un filone quasi favolistico, nel quale vi è spazio per animali, anche rari, e per un bestiario fantastico, accanto a figure umane evocative.
Vi è molto nonsense e gusto del kitsch, almeno in superficie. In realtà celano una ricerca e un obiettivo più profondi, mi chiarisce Ursula. Suo padre amava molto il mito della caverna di Platone in quanto simbolo dell'artista che si libera -- a caro prezzo -- dalle catene e dall'oscurità per raggiungere la luce della vera conoscenza. Ombre e luce, dunque. Ovvero, apparenza e verità (verità cui pochi tuttavia credono e che molti stentano a vedere, come nella metafora di Platone).
Mi colpiscono anche le tante dimostrazioni di sincero affetto, scritte e non, dedicate a Biagio Bonetti dagli amici, che lo ricordano come un uomo dalla prorompente personalità, ricca di umanità e di spirito ribelle, che lo metteva in continuo conflitto con un mondo in cui non c'era posto per i suoi ideali (Maria Zamboni).
Se vi capita di passeggiare per le vie di Trastevere, fermatevi a godere delle immagini di Biagio Bonetti presso la Stamperia del Tevere, al numero 69 in via di San Francesco a Ripa a Roma (nelle vicinanze di Piazza Induno). Con l'occasione avrete modo di informarvi sulle interessanti attività della Stamperia che, oltre a fungere da galleria d'arte, è un vero e proprio laboratorio sperimentale di incisione e una scuola dove si possono apprendere le tradizionali tecniche grafiche di stampa (xilografia, calcografia, .
Gli artisti e soci dell'Associazione Culturale Stamperia del Tevere saranno lieti di accogliervi nel loro spazio e di rispondere alle vostre domande e curiosità.
Alessia Paionni
Scrivi commento