FINO AL 24 APRILE al Museo Carlo Bilotti
Mi sono imbattuta per la prima volta nelle opere di Marta Czok, quasi per caso, al Macro Testaccio di Roma in occasione della mostra Icon&Idols. Ero uscita a fare due passi con un’amica e i lavori di
questa artista mi colpirono moltissimo, tanto da iniziare a seguirla con regolarità nelle diverse mostre e nella sede espositiva permanente di Castel Gandolfo, lo Spazio Ingranaggi d’Arte.
A colpirmi sono state la perfezione, l’incisività e l’armonia del tratto, oltre che l’amara ironia dei soggetti ritratti. Il fatto è che i disegni di Marta Czok sono dannatamente belli.
Questa volta, con l’anno santo in corso, il tema sviluppato da Marta Czok riguarda Roma, per la precisione Mother Rome. Le opere ripercorrono dunque la storia di questa città, focalizzandosi sul presente — non uno dei più rosei, direi. L’evento prende il nome dal totem omonimo, un’opera alta 2,4 metri e composta da tele sovrapposte nelle quali la realtà odierna fatta di cortei di protesta, turisti, abitanti distratti e cortigiani del potere si muove sul registro superiore mentre al di sotto, nei sotterranei (un tempo splendide sedi), siede la Roma monumentale e maestosa, ma sola, abbandonata e letteralmente calpestata da un presente che non la conosce più.
Le tele sono tante e tutte diverse, anche se legate da un leitmotiv di sfumature cromatiche e dalla tecnica mista utilizzata ad acrilico e grafite.
Il polittico “Chiese”, uno dei miei preferiti, è un grande ensemble (3x1 metri circa) che raffigura le chiese di Roma e in cui vestigia classiche, colonne, facciate rinascimentali e barocche, cupole e porticati si fondono insieme vaghi ed eterei quasi come fantasmi del passato. Qui il grigio la fa da padrone, interrotto solo da un rettangolo di rosso cupo.
Le campiture di grigio scuro e/o rosso cupo dominano nella maggior parte delle opere in mostra e inglobano cammei disegnati in cui i toni delle ombre prevalgono sul colore, quasi del tutto assente. Il grigio è il colore del maltempo, della tristezza, della pesantezza: una nube minacciosa avvolge i soggetti di queste opere. Il rosso cupo ricorda il colore del sangue, ma anche quello del tramonto o, come nota la curatrice Diana Alessandrini, “tramonto non di un solo giorno ma di un’intera epoca” riferendosi al passato splendore di Roma. Ha ragione la Alessandrini quando afferma che “l’arte di Marta Czok emoziona e lascia il segno”, e parliamo di un segno di tutto rispetto, lo ribadisco.
Sul versante dello stile Marta Czok “va controcorrente. Si stacca dalle ricerche contemporanee sull’uso di materiali e linguaggi innovativi e punta dritta al recupero della tecnica”. Per quanto riguarda i contenuti, mi azzardo a definirla una Aristofane contemporanea che ha scelto le immagini anziché le parole, perché nelle sue tele osa svelare le storture e le ingiustizie della società moderna, senza risparmiare nessuno — compresi gli alti prelati che si spartiscono vogliosi la ricca torta al cioccolato nell’opera Temptation, l’unica nella quale l’oro prevale sul grigio e sul rosso.
Interessante anche Virgin faces, una tela del 2010 composta da due parti: quella di sinistra, si compone di 18 riquadri disposti su tre registri, ciascuno contenente un volto di Maria caro alla tradizione pittorica del passato; quello di destra, totalmente grigio scuro, sembra inghiottire i volti mariani, come se tutto, proprio tutto, andasse a finire lì, in un grande grigio.
La mostra è ospitata in una cornice d’eccezione quale l'aranciera di Villa Borghese, trasformata
in sede museale per accogliere la collezione d’arte contemporanea che l’imprenditore italo-americano Carlo Bilotti e la moglie Tina hanno donato alla città di Roma. Se decidete di visitare la
mostra di Marta Czok, dedicate un po’ del vostro tempo anche alla collezione permanente del Museo Bilotti.
Oltre alle 18 tele di De Chirico, che ripercorrono le varie fasi della carriera del pittore, e alle sculture conservate all’esterno dell’edificio ci sono i ritratti della famiglia Bilotti
realizzati da artisti internazionali quali Andy Warhol, Mimmo Rotella, e Larry Rivers (quest’ultimo amatissimo da Carlo Bilotti).
Da seguire anche il video che racconta la storia del collezionista italo-americano e della moglie Tina, tra amore per l’arte e tragedie personali.
Alessia Paionni
MUSEO CARLO BILOTTI
Viale Fiorello La Guardia - 00197 Roma
Orario di apertura
Martedì-Venerdì 10-16
Domenica 10-19
Ingresso gratuito e consentito fino a mezz’ora prima della chiusura
Raggiungibile facilmente dalla fermata metro Flaminio o prendendo qualsiasi autobus che attraversi Villa Borghese.