Mostra di arte contemporanea - Fondazione Memmo
Secondo appuntamento con la Fondazione Memmo e il progetto Conversation piece, un osservatorio puntato sull'arte contemporanea a Roma che nasce dalla collaborazione con le accademie e gli istituti di cultura stranieri.
Le opere esposte sono inedite e create appositamente per le sale delle scuderie di Palazzo Ruspoli in via Fontanella Borghese 56b (via del Corso).
La mostra, a cura di Marcello Smarrelli, presenta una riflessione sull'idea di spazio e su come l'opera d'arte si trovi inevitabilmente a dialogare con esso, sconfinando nel dominio dell'architettura.
Laboratori gratuiti per bambini (3 - 9 anni) domenica 13 marzo e domenica 3 aprile, con prenotazione obbligatoria (daphne.ilari@gmail.com).
Il titolo della mostra strizza l'occhio ad un film di Luchino Visconti, Gruppo di famiglia in un interno (Conversation piece, 1974), che a sua volta fa riferimento ad un genere di pittura originario dei Paesi Bassi, caratterizzato da gruppi di persone in conversazione tra loro o ritratti in atteggiamenti di vita familiare.
L' obiettivo di questa iniziativa è far conoscere al pubblico gli artisti e le loro opere in un'atmosfera tranquilla e rilassata.
David Schutter, artista americano classe '74, apre il percorso con quattro opere che sembrano, a prima vista, quattro tele dipinte di nero.
Ma le cose non sono quasi mai come sembrano, soprattutto nell'arte contemporanea.
Non si tratta dunque di semplici tele nere, e sfiderei chiunque a riprodurle.
L' assenza di colore e di qualsiasi immagine a supporto non deve trarre in inganno: osservando i quadri con attenzione, si scorge chiaramente qualcosa. Quel qualcosa è l'ombra di due piccoli paesaggi di Salvator Rosa e Gaspard Dughet, maestri paesaggisti del XVII secolo, oggi conservati presso la Galleria Nazionale d'Arte Antica at Palazzo Corsini di Roma.
Schutter ha studiato a fondo le opere dei due autori del Settecento e le ha riprodotte nel suo studio, senza alcuna immagine di supporto.
Il risultato è inedito e illustra la capacità umana di rielaborare il passato riprononendone tecniche e materiali, ma nello stesso tempo di sviluppare un'esperienza del tutto nuova, fisica e simbolica, in grado di rileggere le antiche categorie in forme più profonde e filosofiche.
Credetemi, non sono soltanto tele nere.
L'installazione di Jackson Fourgeaud (1979), musicista, compositore e sperimentatore francese, ci costringe a immergerci in un luogo misterioso, almeno finchè i nostri occhi non si abituano all'oscurità, nel quale suoni e atmosfera si mischiano insieme fondendosi gli uni nell'altra.
L'opera, intitolata Brume Sonore #1, è un dispositivo scultoreo in cui nebbia, musica e luce abbracciano il visitatore, che diventa parte integrante dell'installazione quando la sua immagine si riflette negli specchi (si, sono io nell'immagine mentre scatto la foto).
Una volta dentro, si percepisce chiaramente che le onde luminose si convertono (o sembrano convertirsi) in frequenze sonore, e viceversa.
Jackson la chiama Light Metal Music, vera essenza del suo lavoro e meta della sua ricerca musicale.
L'artista svizzero Kilian Rüthemann (1979) ci ha abituati a diversi linguaggi e materiali, liberamente ispirati all'arte processuale e alla Land Art.
L'installazione consiste di quattro grandi muri realizzati in opus latericium, tipica tecnica di costruzione a mattoni originaria dell'antica Roma ma utilizzata ancora oggi.
Malgrado il richiamo apparente all'architettura, nell'opera i mattoni sono assemblati per creare quattro unità composite che somigliano a quadri giganteschi, piuttosto che a banali muri.
Il motivo è che questi muri non muri sono completamente svuotati e deprivati di qualsiasi utilità pratica. Sono piuttosto realizzati e posizionati nella stanza come simboli concettuali di precarietà e mutevolezza.
Questi finti muri sono inclinati gradatamente verso il pavimento e si piegano nella parte superiore dove poggiano alle pareti, quelle vere, della stanza, mostrando così un'intrinseca inattesa debolezza.
Una metafora della vita umana. Sicuramente.
La mostra si chiude con sei particolari dipinti dell'artista olandese Maaike Schoorel (1973).
A prima vista quasi monocromatici, queste opere rivelano inaspettati scenari familiari se si ha la pazienza di soffermarsi qualche momento a osservarli.
Potreste essere improvvisamente capaci di scorgere un accenno di paesaggio a Villa Pamphili, presenze umane che si bagnano in una fontana o camminano sul fango, un animale, fiori, parti di oggetti, addirittura un campo da tennis dopo una tempesta.
Come è facile intuire, Maaike Schoorel è particolarmente interessata ai meccanismi della percezione umana; è infatti risaputo che il nostro cervello sa ricostruire le cose in modo completo, anche se le informazioni sensoriali sulle quali è basata la conoscenza sono incomplete e mutevoli, nella maggior parte dei casi. La nostra percezione del mondo è un tentativo azzardato del cervello di indovinare cosa esso stia realmente guardando sulla base delle informazioni ricevute attraverso i sensi. Questo è anche il motivo per il quale ciò che stiamo vedendo non sempre corrisponde esattamente a ciò che percepiamo (ad esempio le illusioni ottiche).
Inoltre quello che vediamo è influenzato anche da come ci sentiamo o addirittura da quale tipo di musica stiamo ascoltando in quel preciso momento.
Ciò posto, sapete dirmi cosa siete in grado di scorgere nei dipinti di Maaike Schoorel?
Alessia Paionni
EVENTO FAMILY-FRIEND
Laboratori creativi gratuiti per bambini
In occasione della mostra Conversation piece - Part II la Fondazione Memmo-Arte Contemporanea ha organizzato un programma di laboratori gratuiti per bambini dai 3 ai 9 anni, che si terranno domenica 13 marzo e domenica 3 aprile.
Prenotazione obbligatoria
Lingue disponibili: Italiano, Inglese, e Francese.
Per ulteriori informazioni, contattare la signora Daphne Ilari (daphne.ilari@gmail.com).